Martini da gentleman: storia, stile e mito secondo James Bond
- team7941
- 13 ott
- Tempo di lettura: 3 min
“A dry martini … shaken, not stirred.”
Con una battuta, Bond ha trasformato un semplice cocktail in un’icona di stile.

Ci sono drink che diventano leggendari. Ma pochi riescono a raccontare così tanto stile, mistero e fascino come il Martini Dry. È più di un cocktail: è un simbolo di classe, di controllo, di personalità.
Se pensi che sia solo una miscela di gin e vermouth, allora devi leggere fino in fondo.
Da dove nasce il Martini Dry?

Il Martini Dry nasce tra fine ‘800 e inizio ‘900, in un’epoca in cui la mixology comincia a diventare arte.
Si tratta di un cocktail semplice all’apparenza, ma che ha sempre avuto infinite declinazioni.
Gin e vermouth secco sono gli ingredienti base, ma le proporzioni e i dettagli cambiano a seconda dei gusti… e delle epoche.
Negli anni ‘20 e ‘30 diventa simbolo dell’élite americana. Negli anni ‘60, con il boom dello spionaggio cinematografico, entra definitivamente nel mito grazie a un uomo solo.
James Bond, il Martini e una frase diventata storia
Chi ha reso immortale questo cocktail è lui: James Bond. L’agente segreto con licenza di uccidere, creato dalla penna dell’autore britannico Ian Fleming. Ex ufficiale dell’intelligence britannica, Fleming conosceva bene sia i codici del servizio segreto… sia quelli dello stile.
Nel romanzo Casino Royale del 1953, Bond ordina per la prima volta una variante del Martini con parole precise:
“Three measures of Gordon’s, one of vodka, half a measure of Kina Lillet. Shake it very well until it’s ice-cold, then add a large thin slice of lemon peel.”— James Bond, Casino Royale
Questa sarà ribattezzata Vesper Martini, in onore della femme fatale del romanzo, Vesper Lynd.
L’epica scena con Daniel Craig

Quando Casino Royale viene adattato nuovamente per il cinema nel 2006, con Daniel Craig nei panni di Bond, quella scena diventa un momento iconico.
Il tono glaciale con cui pronuncia l’ordine, in piena partita a poker, definisce il suo
personaggio: deciso, elegante, imprevedibile. E contribuisce a diffondere (di nuovo) il culto del Martini.
"Shaken, not stirred": ma cosa significa davvero?

Bond lo ripete in quasi tutti i film: "Shaken, not stirred."Ma perché questa scelta?
Tradotto: agitato, non mescolato.
Di solito un Martini si prepara mescolando delicatamente gli ingredienti con un bar spoon in un mixing glass.
Bond invece lo vuole agitato nello shaker con ghiaccio, per renderlo più freddo, più diluito… e forse anche più scenografico.
Una scelta che ha fatto discutere bartender e puristi per anni. Ma che ha reso il personaggio ancora più unico.
Il tempio del Martini: il Duke’s Hotel di Londra

Tra tutti i luoghi in cui sorseggiare un Martini, uno in particolare ha scritto la storia: il Duke’s Bar di Londra.
È qui che, si dice, Ian Fleming prendeva ispirazione per i suoi romanzi, e dove l’arte del Martini ha raggiunto livelli di perfezione.
Protagonista indiscusso: Alessandro Palazzi, head bartender italiano, custode del rituale del Martini “perfetto”.
La sua tecnica è celebre: niente shaker, solo freezer e una bottiglia ghiacciata di gin o vodka, versata direttamente nel bicchiere.
Vermouth? Appena un velo. Risultato: un Martini gelido, essenziale, indimenticabile.
Martini, ma come lo vuoi? Le varianti
Oltre al Vesper, esistono tante sfumature di Martini:
In & Out Martini: il bicchiere viene solo “bagnato” con vermouth, poi svuotato.
Dirty Martini: con aggiunta di salamoia d’oliva, per un gusto più deciso.
Perfect Martini: con vermouth dolce e dry in pari misura.
Ognuna racconta un diverso modo di vivere il cocktail. Ma tutte hanno un punto in comune: non sono mai scelte a caso.
L’eleganza è (anche) nei dettagli
Capisci perché un semplice cocktail può raccontare tanto di te?
Il modo in cui ordini.
Le parole che scegli.
I dettagli che curi.
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